Il laboratorio artistico deve essere vissuto dai bambini come momento di osservazione e acquisizione meta cognitiva, momento di incontro tra saperi interdisciplinari, momento di scambio con gli altri, momento di espressione personale e sperimentazione. Le attività devono essere supportate da una metodologia che veda il bambino come parte attiva del processo educativo e che permetta, a quest’ultimo, di procedere attraverso il percorso conoscitivo per tentativi senza il timore di sbagliare; l’insegnante deve quindi adottare uno stile di lavoro flessibile in relazione agli spazi, agli argomenti, ai materiali e alle tecniche utilizzate. Non dobbiamo dimenticare l’importanza dei materiali e degli strumenti usati ricordando le parole di Munari il quale sottolineava che : la predisposizione ricca ed ordinata dei materiali aiuta il bambino a comprendere gli elementi strutturali del linguaggio artistico ed espressivo e aiuta ad immergersi nelle esperienze.
Elemento caratterizzante dell’ attività laboratoriale, secondo me, è l’esperienza attiva in sé che il laboratorio intende realizzare come momento di incontro tra alunni e insegnanti che aiuti a sviluppare le capacità cognitive e sociali necessarie al bambino.
Elementi fondamentali affinchè si sviluppi un laboratorio didattico efficace sono la metodologia, l’interdisciplinarità e i materiai; caratteristiche di eguale importanza nello strutturare un laboratorio didattico che garantisca un modello di apprendimento aperto e flessibile per promuovere la partecipazione attiva del soggetto/alunno attraverso la costruzione, rielaborazione e la scoperta dei molteplici saperi disciplinari. “il laboratorio non permette solo uno spostamento della classe da un aula generica ad uno spazio attrezzato ma richiede soprattutto una “mobilità mentale” ” (De Bartolomeis “Le arti visive nella didattica” di Chiara Panciroli) questa idea evidenzia come il laboratorio non sia soltanto un’occasione di “spostamento” da un luogo fisico ad un altro differente, ma una vera e propria metodologia didattica che deve portare gli alunni ad un’apertura mentale, ad un fare attivo, sperimentando la propria creatività, utilizzando materiali specifici, il tutto deve essere strutturato precedentemente dall’insegnante sulla base del metodo sperimentale. Personalmente ritengo che il laboratorio sia una metodologia didattica necessaria e molto efficace e sicuramente come futura insegnante promuoverò un atteggiamento sperimentale ed una metodologia laboratoriale ai fini di portare avanti una didattica multidisciplinare, scardinando l’insegnamento tradizionale che vede frammentare i diversi saperi.
15 ottobre 2012 alle 16:45 Irene Cavicchioli says:
Il laboratorio non è solo uno spazio fisico, ma anche e soprattutto uno spazio mentale, uno stile educativo, un metodo didattico che, quando viene fatto proprio, richiede una precisa programmazione e, allo stesso tempo, la capacità di essere flessibili ed effettuare in itinere le modifiche necessarie per superare eventuali imprevisti che possano presentarsi nel fare attivo e operativo. È infatti una caratteristica fondamentale del laboratorio didattico la prospettiva attiva in cui viene posto il bambino o, più in generale, il soggetto che apprende; nel laboratorio egli viene portato a sperimentare modalità creative del conoscere e a reinterpretare le proprie conoscenze alla luce di nuove consapevolezze, tratte dall’esperienza che vive.
Credo, dunque, che ognuno degli elementi caratterizzanti il laboratorio artistico elencati dalla Dott.ssa Bignami sia essenziale per un buon laboratorio, ma che ogni educatore o insegnante debba porre attenzione particolare a quello che meglio risponde alle necessità specifiche dei propri alunni in quel determinato momento. Alla luce della mia precedente riflessione sul laboratorio artistico (decisamente incompleta, in quanto ci sarebbe molto altro da aggiungere sulle sue caratteristiche e sugli effetti positivi che la sperimentazione laboratoriale può avere nel percorso educativo di una persona), porrei particolare attenzione all’interdisciplinarietà della proposta e alla scelta dei materiali da utilizzare, con l’obiettivo di stimolare il bambino ad aprire la propria mente, a trovare motivazioni sempre nuove e nuove soluzioni, sia creative che di risoluzione dei problemi.
15 ottobre 2012 alle 19:14 Federica Staffolani says:
Organizzare un laboratorio significa progettare uno spazio di apprendimento per scoperta ed esplorazione. L’ambiente si presenta al bambino non come qualcosa di rigidamente strutturato, ma come luogo in cui poter agire operare per sperimentare se stesso liberamente. È inoltre importante sottolineare che il laboratorio si basa su un progetto realizzato da un adulto che pone degli obiettivi e rende operativi alcuni percorsi per raggiungerli . Il termine “alcuni” sta a sottolineare la flessibilità che dovrebbe invadere un laboratorio. Questo significa che il bambino dovrebbe essere stimolato a ricercare percorsi cognitivi verso gli apprendimenti, nella spontaneità e nell’autonomia del proprio agire. Tra i tanti aspetti che un operatore deve curare per la realizzazione di un laboratorio, secondo me, uno dei più importanti è la dimensione relazionale. L’adulto deve accogliere il bambino e questo deve avvenire in maniera autentica. Il bambino deve realmente sentirsi libero di sperimentarsi senza alcun timore di fare passi falsi. Tutto questo implica per l’operatore porsi in ascolto dei bisogni formativi dei bambini, senza pensare di orientare le loro idee forzandole verso strade prestabilite. Bambini, adulti, materiali, spazi …tutto si può mettere in gioco, così la mente può essere spinta ad andare verso il nuovo, tramite percorsi inconsueti, pensieri divergenti. Se l’operatore è in grado di creare un clima relazionale nell’ottica di realizzare progetti di questo tipo, gli altri aspetti da curare, dal mio punto di vista, è probabile che di conseguenza verranno orientati nella stessa direzione.
Nella primavera di quest’anno ho partecipato ad un laboratorio d’arte di quattro incontri presso il MamBo. In ogni appuntamento Ilaria, la titolare del laboratorio, ci ha proposto una diversa attività ed una di quelle che ho maggiormente apprezzato è stata quella dedicata all’autoritratto. In una delle aule didattiche del museo ci sono state mostrate tramite video proiettore delle immagini di opere d’arte, trattavasi appunto di autoritratti celebri di varie epoche storiche, dal Medioevo ai giorni nostri, e dalle forme più diverse, dal dipinto al collage, alle installazioni. La visione di tali opere ha offerto al gruppo la riflessione sui tanti modi possibili per rappresentare se stessi. Il secondo momento si è incentrato su un lavoro di rielaborazione personale: ciascuno dei partecipanti è stato chiamato produrre una serie di autoritratti a modello di quelli precedentemente visti. È stato bello non solo per la sperimentazione di materiali e tecniche diverse, ma anche perchè abbiamo riflettuto su quanto noi possiamo parlare di noi stessi in maniera originale attraverso per esempio un colore, o gli oggetti della nostra stanza. L’ultima parte dell’incontro é stata dedicata alla condivisione degli autoritratti. Alla luce di quanto letto e di quanto vissuto ritengo che l’aspetto che rende significativo un laboratorio sia quello della rielaborazione personale. Una riflessione su di un opera si fissa se viene interiorizzata, produrre un elaborato personale in seguito a tale riflessione porta a compimento il lavoro teorico. Altri aspetti decisivi per la buona riuscita di un laboratorio sono, a mio avviso, la flessibilità del conducente di mantenersi aperto alle stimolazioni dei partecipanti e la sua capacità di stimolare il gruppo e motivarlo.
Il laboratorio didattico è da intendere non solo come uno spazio fisico attrezzato, dotato di materiali e strumenti specifici, che permettono al soggetto di sperimentare tecniche e misurarsi con attività pratiche, ma è prima di tutto uno stile educativo, un metodo didattico che si oppone ad una metodologia mnemonica, frontale e nozionistica e che invece pone l’educando come un soggetto attivo, il quale, esercitando la creatività, diventa il protagonista del proprio processo di apprendimento e costruzione/rielaborazione dei saperi.
Possiamo riconoscere alcune caratteristiche principali le quali rendono il laboratorio didattico uno straordinario ambiente didattico; mi soffermo in particolare su due aspetti:
La dimensione espressiva offre la possibilità ai bambini di comunicare attraverso il linguaggio grafico e simbolico del disegno e delle arti figurative attraverso la manipolazione dei materiali.
I Bambini potranno acquisire una visione più ampia e complessa delle conoscenze e una più vasta capacità di espressione mediante l’interazione dei diversi linguaggi (orale,scritto,corporeo,simbolico).
La dimensione relazionale è fondamentale perché consente di coniugare, mediante il laboratorio, i bisogni, i vissuti e gli interessi del bambino e di metterli in relazione con gli altri.
Attraverso originali percorsi di ricerca vengono infatti promosse sia attività individuali, sia attività di piccolo, medio o grande gruppo; inoltre consente interazioni non solo tra i pari ma anche tra insegnante e bambini e tra bambini e l’ambiente circostante.
Per definire che cosa significa per me “Laboratorio” riprendo l’idea del prof. Nicola Cuomo, secondo il quale il laboratorio non è un particolare luogo fisico e tantomeno denota un certo tipo di attività: il laboratorio è un orientamento, uno stile educativo-didattico particolare, che propone particolari attività ed atmosfere. La peculiarità del laboratorio è che la conoscenza viene acquisita e rielaborata mediante attività strutturate ad hoc per incontrare le esigenze di chiunque ne prenda parte.La dimensione laboratoriale riveste un ambito molto importante nell’insegnamento e nei processi di apprendimento. Le caratteristiche percettive ed evocative di ogni bambino vengono sollecitate dalle diverse attività proposte, lo sviluppo sensoriale viene favorito attraverso l’utilizzo di ogni canale percettivo . Il contesto così costituito è vissuto e riconosciuto da tutti, facilitando l’apprendimento con percorsi motivanti e situazioni stimolanti. La dimensione laboratoriale fa si che il bambino, vero e attivo protagonista del suo processo di costruzione delle conoscenze, sia motivato e in virtà di questa motivazione provi il desiderio di conoscere. Tra le caratteristiche del laboratorio sopracitate secondo me, nessuna può essere tralasciata, nessuna è più o meno importante di altre perchè il laboratorio è efficace, funziona proprio perchè ha quelle caratteristiche e non altre. Un laboratorio degno di questa definizione, deve avere tutte queste caratteristiche che sono complementari l’una all’altra.
Per definire che cosa significa per me “Laboratorio” riprendo l’idea del prof. Nicola Cuomo, secondo il quale il laboratorio non è un particolare luogo fisico e tantomeno denota un certo tipo di attività: il laboratorio è un orientamento, uno stile educativo-didattico particolare, che propone particolari attività ed atmosfere. La peculiarità del laboratorio è che la conoscenza viene acquisita e rielaborata mediante attività strutturate ad hoc per incontrare le esigenze di chiunque ne prenda parte. La dimensione laboratoriale riveste un ambito molto importante nell’insegnamento e nei processi di apprendimento. Le caratteristiche percettive ed evocative di ogni bambino vengono sollecitate dalle diverse attività proposte, lo sviluppo sensoriale viene favorito attraverso l’utilizzo di ogni canale percettivo . Il contesto così costituito è vissuto e riconosciuto da tutti, facilitando l’apprendimento con percorsi motivanti e situazioni stimolanti. La dimensione laboratoriale fa si che il bambino, vero e attivo protagonista del suo processo di costruzione delle conoscenze, sia motivato e in virtù di questa motivazione provi il desiderio di conoscere. Tra le caratteristiche del laboratorio sopracitate secondo me, nessuna può essere tralasciata, nessuna è più o meno importante di altre perchè il laboratorio è efficace, funziona proprio perchè ha quelle caratteristiche e non altre. Un laboratorio degno di questa definizione, deve avere tutte queste caratteristiche che sono complementari l’una all’altra. È infatti impensabile (o per lo meno non degno di questa definizione) un laboratorio che predilige l’aspetto metodologico a quello relazionale, oppure la dimensione artistica a quello all’elaborazione finale: sarebbe un laboratorio “monco” non funzionale, per certi versi inutile. il laboratorio infatti funziona proprio perché è così strutturato, perché prevede proprio quei momenti che in altre metodologie non ci sono.
Il laboratorio artistico è un ottimo metodo per introdurre i bambini all’arte: arte intesa come educazione a tutto tondo, come momento formativo per la vita. È una situazione strutturata per imparare a conoscersi e a conoscere chi e cosa ti circonda.
Tutte le dimensioni citate nell’articolo sono fondamentali per la riuscita del laboratorio ma credo che quella relazionale e quella interdisciplinare siano quelle a cui io darei più rilievo.
È importante secondo me incoraggiare i bambini a stare insieme e confrontarsi fra loro soprattutto perché credo che in una società interculturale come è la nostra il “cooperative learning” servirà non solo per la crescita del bambino ma anche per un buon inserimento nei vari livelli di scuola e, in futuro, nel mondo del lavoro. Credo, inoltre, nel “learning by doing”, nell’“imparare facendo”, ossia nella possibilità di aumentare le proprie abilità motorie, cognitive, sensoriali e relazionali praticando esercizi, giocando, dando libero sfogo alla fantasia e all’immaginazione,… sono le esperienze, gli apprendimenti e le nozioni legate a situazioni psico-affettive valide a lasciare in segno profondo nel bambino che diventa pian piano capace di diventare protagonista attivo della sua vita e di affrontare e risolvere i problemi gli si presentano.
L’utilizzare linguaggi non tradizionali permette inoltre una possibilità di crescita anche per bambini con disabilità che in questo modo potrebbero riuscire a trovare un proprio spazio per esprimersi, comunicare e apprendere.
Come è scritto nell’introduzione, il laboratorio è un congegno talmente ricco e complesso di elementi che si intrecciano che non è semplice pensarlo nelle sue varie dimensioni. Esso non potrebbe esistere se una sola di queste venisse meno. Da un lato è necessario che abbia uno spazio e una struttura materiale adeguata, dall’altro che sia vissuto dall’organizzatore e dagli allievi. Il laboratorio tuttavia non è un luogo di ‘spiegazioni’ ma un ambiente di apprendimento stimolante, strutturato ma soprattutto che permette a ciascuno di sentirsi libero ed essere autonomo. L’insegnante non è un giudice pronto a dire se un ‘lavoro’ corrisponde o no alle richieste, anzi, esso dovrebbe essere disposto al confronto, al dialogo, e al raggiungere nuovi traguardi conoscitivi insieme. Se dovessi tuttavia focalizzare uno di questi diversi aspetti del laboratorio sceglierei IL METODO, perché credo sia la chiave d’accesso per suscitare l’attenzione dei vari partecipanti e motivare l’apprendimento. Ogni volta che ci si approccia a lavorare col laboratorio si possono usare metodi (che a sua volta sono legati ai diversi strumenti) differenti, quindi si può rendere varia e interessante un’attività, partire da punti diversi oppure prendere in considerazioni obiettivi differenti: in ogni caso si ha la possibilità di arrivare a tutti, di rendere stimolante il lavoro e anche dare il via ad un processo di riflessione personale. Personalmente quando partecipo ad una lezione, a un gruppo di lavoro mi piace ricevere consegne particolari, stimoli che altrove non troverei, la possibilità di partire dagli strumenti pratici, dall’osservazione oppure dal mio pensiero. Lo scorso anno ho partecipato ad un laboratorio di arte della nostra facoltà al museo Mam.BO di Bologna e mi sono piacevolmente resa conto che vi erano molti degli aspetti citati nel documento sopra e spiegati nel libro. Mi è piaciuto molto un lavoro sull’autoritratto: la consegna era quella di creare un piccolo libro di 5 pagine su noi stessi, ciascuna pagina da riempire rispettivamente con: un autoritratto a matita (in specifico con una certa espressione), una riproduzione di una famosa opera d’arte a scelta, del colore, un materiale e il calco con scotch e carboncino di una parte del nostro corpo. Il tutto finiva con un’esposizione del nostro lavoro motivando risultato e scelte. Naturalmente questa è solo una delle attività svolte e che seguiva questa specifica metodologia, ma mi ha coinvolto mentalmente, emotivamente e manualmente. La sensazione che si dovrebbe provare con l’uso del congegno laboratorio deve essere positiva e gratificante.
Il laboratorio è un luogo di creatività e conoscenza, di sperimentazione diretta e guidata, di scoperta e autoapprendimento di temi astratti come anche l’arte. È uno spazio in cui vengono sperimentate le attività pratiche, creative e intellettuali. È una strategia di esplorazione e costruzione della conoscenza in modo attivo. Mi ha colpito come Munari parla di “ginnastica mentale” costruita sulla pratica del laboratorio, come luogo e metodo di trasmissione di tempi astratti come l’arte, in cui le opere stesse divengono strumento educativo di alto valore culturale. Il laboratorio è anche definito un’aula didattica di coinvolgimento attivo, dove il bambino è protagonista del suo percorso di apprendimento, viene coinvolto cognitivamente, emotivamente, e socialmente, oltre che nella pratica manuale. Sono state identificate le caratteristiche principali di questa prassi educativa, cioè del laboratorio artistico, così che abbia delle autentiche valenze pedagogiche.
Affinchè il laboratorio artistico raggiunga gli obbiettivi posti e per essere veramente una didattica efficace, e anche per non rischiare di diventare un luogo deputato allo spontaneismo, penso che un elemento fondamentale sia la PROGETTAZIONE stessa che sta a monte del fare laboratorio, cioè la organizzazione globale che tenga conto di tutti gli aspetti (metodologia, materiali, spazi e tempi, ecc…) caratteristici del laboratorio per riuscire ad attuarlo al meglio. Senza una progettazione fatta a priori, pensata con criteri specifici e dettagliata, con ragionamenti per tutte le decisioni, non penso che si riesca ad attuare un laboratorio professionale per l’insegnante né significativo per l’esperienza degli alunni. È importante saper pianificare bene tutte le dimensioni e calcolare bene il rapporto tra di esse. Ulteriormente, penso che sia importante anche una progettazione “B”, cioè una ramificazione secondaria sul progetto base, che tenga conto di variabili che durante gli incontri possono cambiare, e quindi pensare a priori difficoltà o problemi che possono insorgere, sempre a tutti i livelli, e progettare anche degli interventi appositi e sensati per i momenti che li richiedono. Per esempio, se ho pensato di usare dei materiali specifici, e durante gli incontri finiscono, o vedo che sono poco adatti o ci sono degli impresti altri, devo pensare come compensare questo problema quindi pianificare in anticipo dei materiali di sostituzione o extra. Un altro esempio: pianifico un’attività in gruppi di 5 bambini ma vedo che durante l’attuazione non si riesce a gestire i gruppi o forse non collaborano bene tra di loro, allora faccio riferimento alla pianificazione “B”, dove ho pensato di ridurre i gruppi a 2-3 bimbi invece di 5, per esempio. Vorrei sottolineare che questi cambiamenti possono essere decisi al momento; i problemi possono essere risolti durante l’iter, man mano che si prosegue, quando occorrono. La competenza efficace di un insegnante però penso derivi da tanta esperienza e all’inizio comunque bisogna pensarci, quindi pianificare alternative.
Un’altra dimensione che ritengo fondamentale nell’esperienza laboratoriale artistica e comunque in tutti i laboratori, è la dimensione RELAZIONALE. Essa deve far parte integrante dell’esperienza laboratoriale perché aiuta a costruire la conoscenza, le competenze, sia dei contenuti artistici sia della crescita personale e lo sviluppo sociale del bambino, che sono fondamentali nella sua crescita sotto tutti i profili. Il bambino deve essere al centro dell’esperienza, come purtroppo non lo è nelle lezioni tradizionali, e il bambino deve fare esperienza con altri coetanei, sia in coppie che in piccoli o grandi gruppi, come ancora nelle lezioni tradizionali non avviene. L’esperienza di collaborazione, cooperazione, comunicazione, competenze relazionali e di autonomia, decisionali, di rispetto reciproco e di empatia, sono solo alcuni degli aspetti fondamentali che si sviluppano con l’organizzazione della dimensione Relazionale nei laboratori. Durante i laboratori i bambini possono avere il privilegio della possibilità dei mettere in pratica queste esperienze per sviluppare queste competenze, che sono strettamente collegate alla costruzione collaborativa delle conoscenze dei contenuti.
Anna Fabiano says:
Il laboratorio artistico deve essere vissuto dai bambini come momento di osservazione e acquisizione meta cognitiva, momento di incontro tra saperi interdisciplinari, momento di scambio con gli altri, momento di espressione personale e sperimentazione. Le attività devono essere supportate da una metodologia che veda il bambino come parte attiva del processo educativo e che permetta, a quest’ultimo, di procedere attraverso il percorso conoscitivo per tentativi senza il timore di sbagliare; l’insegnante deve quindi adottare uno stile di lavoro flessibile in relazione agli spazi, agli argomenti, ai materiali e alle tecniche utilizzate. Non dobbiamo dimenticare l’importanza dei materiali e degli strumenti usati ricordando le parole di Munari il quale sottolineava che : la predisposizione ricca ed ordinata dei materiali aiuta il bambino a comprendere gli elementi strutturali del linguaggio artistico ed espressivo e aiuta ad immergersi nelle esperienze.
Elemento caratterizzante dell’ attività laboratoriale, secondo me, è l’esperienza attiva in sé che il laboratorio intende realizzare come momento di incontro tra alunni e insegnanti che aiuti a sviluppare le capacità cognitive e sociali necessarie al bambino.
giulia zampagna says:
Elementi fondamentali affinchè si sviluppi un laboratorio didattico efficace sono la metodologia, l’interdisciplinarità e i materiai; caratteristiche di eguale importanza nello strutturare un laboratorio didattico che garantisca un modello di apprendimento aperto e flessibile per promuovere la partecipazione attiva del soggetto/alunno attraverso la costruzione, rielaborazione e la scoperta dei molteplici saperi disciplinari. “il laboratorio non permette solo uno spostamento della classe da un aula generica ad uno spazio attrezzato ma richiede soprattutto una “mobilità mentale” ” (De Bartolomeis “Le arti visive nella didattica” di Chiara Panciroli) questa idea evidenzia come il laboratorio non sia soltanto un’occasione di “spostamento” da un luogo fisico ad un altro differente, ma una vera e propria metodologia didattica che deve portare gli alunni ad un’apertura mentale, ad un fare attivo, sperimentando la propria creatività, utilizzando materiali specifici, il tutto deve essere strutturato precedentemente dall’insegnante sulla base del metodo sperimentale. Personalmente ritengo che il laboratorio sia una metodologia didattica necessaria e molto efficace e sicuramente come futura insegnante promuoverò un atteggiamento sperimentale ed una metodologia laboratoriale ai fini di portare avanti una didattica multidisciplinare, scardinando l’insegnamento tradizionale che vede frammentare i diversi saperi.
Irene Cavicchioli says:
Il laboratorio non è solo uno spazio fisico, ma anche e soprattutto uno spazio mentale, uno stile educativo, un metodo didattico che, quando viene fatto proprio, richiede una precisa programmazione e, allo stesso tempo, la capacità di essere flessibili ed effettuare in itinere le modifiche necessarie per superare eventuali imprevisti che possano presentarsi nel fare attivo e operativo. È infatti una caratteristica fondamentale del laboratorio didattico la prospettiva attiva in cui viene posto il bambino o, più in generale, il soggetto che apprende; nel laboratorio egli viene portato a sperimentare modalità creative del conoscere e a reinterpretare le proprie conoscenze alla luce di nuove consapevolezze, tratte dall’esperienza che vive.
Credo, dunque, che ognuno degli elementi caratterizzanti il laboratorio artistico elencati dalla Dott.ssa Bignami sia essenziale per un buon laboratorio, ma che ogni educatore o insegnante debba porre attenzione particolare a quello che meglio risponde alle necessità specifiche dei propri alunni in quel determinato momento. Alla luce della mia precedente riflessione sul laboratorio artistico (decisamente incompleta, in quanto ci sarebbe molto altro da aggiungere sulle sue caratteristiche e sugli effetti positivi che la sperimentazione laboratoriale può avere nel percorso educativo di una persona), porrei particolare attenzione all’interdisciplinarietà della proposta e alla scelta dei materiali da utilizzare, con l’obiettivo di stimolare il bambino ad aprire la propria mente, a trovare motivazioni sempre nuove e nuove soluzioni, sia creative che di risoluzione dei problemi.
Federica Staffolani says:
Organizzare un laboratorio significa progettare uno spazio di apprendimento per scoperta ed esplorazione. L’ambiente si presenta al bambino non come qualcosa di rigidamente strutturato, ma come luogo in cui poter agire operare per sperimentare se stesso liberamente. È inoltre importante sottolineare che il laboratorio si basa su un progetto realizzato da un adulto che pone degli obiettivi e rende operativi alcuni percorsi per raggiungerli . Il termine “alcuni” sta a sottolineare la flessibilità che dovrebbe invadere un laboratorio. Questo significa che il bambino dovrebbe essere stimolato a ricercare percorsi cognitivi verso gli apprendimenti, nella spontaneità e nell’autonomia del proprio agire. Tra i tanti aspetti che un operatore deve curare per la realizzazione di un laboratorio, secondo me, uno dei più importanti è la dimensione relazionale. L’adulto deve accogliere il bambino e questo deve avvenire in maniera autentica. Il bambino deve realmente sentirsi libero di sperimentarsi senza alcun timore di fare passi falsi. Tutto questo implica per l’operatore porsi in ascolto dei bisogni formativi dei bambini, senza pensare di orientare le loro idee forzandole verso strade prestabilite. Bambini, adulti, materiali, spazi …tutto si può mettere in gioco, così la mente può essere spinta ad andare verso il nuovo, tramite percorsi inconsueti, pensieri divergenti. Se l’operatore è in grado di creare un clima relazionale nell’ottica di realizzare progetti di questo tipo, gli altri aspetti da curare, dal mio punto di vista, è probabile che di conseguenza verranno orientati nella stessa direzione.
Maria Turrini says:
Nella primavera di quest’anno ho partecipato ad un laboratorio d’arte di quattro incontri presso il MamBo. In ogni appuntamento Ilaria, la titolare del laboratorio, ci ha proposto una diversa attività ed una di quelle che ho maggiormente apprezzato è stata quella dedicata all’autoritratto. In una delle aule didattiche del museo ci sono state mostrate tramite video proiettore delle immagini di opere d’arte, trattavasi appunto di autoritratti celebri di varie epoche storiche, dal Medioevo ai giorni nostri, e dalle forme più diverse, dal dipinto al collage, alle installazioni. La visione di tali opere ha offerto al gruppo la riflessione sui tanti modi possibili per rappresentare se stessi. Il secondo momento si è incentrato su un lavoro di rielaborazione personale: ciascuno dei partecipanti è stato chiamato produrre una serie di autoritratti a modello di quelli precedentemente visti. È stato bello non solo per la sperimentazione di materiali e tecniche diverse, ma anche perchè abbiamo riflettuto su quanto noi possiamo parlare di noi stessi in maniera originale attraverso per esempio un colore, o gli oggetti della nostra stanza. L’ultima parte dell’incontro é stata dedicata alla condivisione degli autoritratti. Alla luce di quanto letto e di quanto vissuto ritengo che l’aspetto che rende significativo un laboratorio sia quello della rielaborazione personale. Una riflessione su di un opera si fissa se viene interiorizzata, produrre un elaborato personale in seguito a tale riflessione porta a compimento il lavoro teorico. Altri aspetti decisivi per la buona riuscita di un laboratorio sono, a mio avviso, la flessibilità del conducente di mantenersi aperto alle stimolazioni dei partecipanti e la sua capacità di stimolare il gruppo e motivarlo.
Enrica Distefano says:
Il laboratorio didattico è da intendere non solo come uno spazio fisico attrezzato, dotato di materiali e strumenti specifici, che permettono al soggetto di sperimentare tecniche e misurarsi con attività pratiche, ma è prima di tutto uno stile educativo, un metodo didattico che si oppone ad una metodologia mnemonica, frontale e nozionistica e che invece pone l’educando come un soggetto attivo, il quale, esercitando la creatività, diventa il protagonista del proprio processo di apprendimento e costruzione/rielaborazione dei saperi.
Possiamo riconoscere alcune caratteristiche principali le quali rendono il laboratorio didattico uno straordinario ambiente didattico; mi soffermo in particolare su due aspetti:
La dimensione espressiva offre la possibilità ai bambini di comunicare attraverso il linguaggio grafico e simbolico del disegno e delle arti figurative attraverso la manipolazione dei materiali.
I Bambini potranno acquisire una visione più ampia e complessa delle conoscenze e una più vasta capacità di espressione mediante l’interazione dei diversi linguaggi (orale,scritto,corporeo,simbolico).
La dimensione relazionale è fondamentale perché consente di coniugare, mediante il laboratorio, i bisogni, i vissuti e gli interessi del bambino e di metterli in relazione con gli altri.
Attraverso originali percorsi di ricerca vengono infatti promosse sia attività individuali, sia attività di piccolo, medio o grande gruppo; inoltre consente interazioni non solo tra i pari ma anche tra insegnante e bambini e tra bambini e l’ambiente circostante.
Santini Gloria says:
Per definire che cosa significa per me “Laboratorio” riprendo l’idea del prof. Nicola Cuomo, secondo il quale il laboratorio non è un particolare luogo fisico e tantomeno denota un certo tipo di attività: il laboratorio è un orientamento, uno stile educativo-didattico particolare, che propone particolari attività ed atmosfere. La peculiarità del laboratorio è che la conoscenza viene acquisita e rielaborata mediante attività strutturate ad hoc per incontrare le esigenze di chiunque ne prenda parte.La dimensione laboratoriale riveste un ambito molto importante nell’insegnamento e nei processi di apprendimento. Le caratteristiche percettive ed evocative di ogni bambino vengono sollecitate dalle diverse attività proposte, lo sviluppo sensoriale viene favorito attraverso l’utilizzo di ogni canale percettivo . Il contesto così costituito è vissuto e riconosciuto da tutti, facilitando l’apprendimento con percorsi motivanti e situazioni stimolanti. La dimensione laboratoriale fa si che il bambino, vero e attivo protagonista del suo processo di costruzione delle conoscenze, sia motivato e in virtà di questa motivazione provi il desiderio di conoscere. Tra le caratteristiche del laboratorio sopracitate secondo me, nessuna può essere tralasciata, nessuna è più o meno importante di altre perchè il laboratorio è efficace, funziona proprio perchè ha quelle caratteristiche e non altre. Un laboratorio degno di questa definizione, deve avere tutte queste caratteristiche che sono complementari l’una all’altra.
Santini Gloria says:
Per definire che cosa significa per me “Laboratorio” riprendo l’idea del prof. Nicola Cuomo, secondo il quale il laboratorio non è un particolare luogo fisico e tantomeno denota un certo tipo di attività: il laboratorio è un orientamento, uno stile educativo-didattico particolare, che propone particolari attività ed atmosfere. La peculiarità del laboratorio è che la conoscenza viene acquisita e rielaborata mediante attività strutturate ad hoc per incontrare le esigenze di chiunque ne prenda parte. La dimensione laboratoriale riveste un ambito molto importante nell’insegnamento e nei processi di apprendimento. Le caratteristiche percettive ed evocative di ogni bambino vengono sollecitate dalle diverse attività proposte, lo sviluppo sensoriale viene favorito attraverso l’utilizzo di ogni canale percettivo . Il contesto così costituito è vissuto e riconosciuto da tutti, facilitando l’apprendimento con percorsi motivanti e situazioni stimolanti. La dimensione laboratoriale fa si che il bambino, vero e attivo protagonista del suo processo di costruzione delle conoscenze, sia motivato e in virtù di questa motivazione provi il desiderio di conoscere. Tra le caratteristiche del laboratorio sopracitate secondo me, nessuna può essere tralasciata, nessuna è più o meno importante di altre perchè il laboratorio è efficace, funziona proprio perchè ha quelle caratteristiche e non altre. Un laboratorio degno di questa definizione, deve avere tutte queste caratteristiche che sono complementari l’una all’altra. È infatti impensabile (o per lo meno non degno di questa definizione) un laboratorio che predilige l’aspetto metodologico a quello relazionale, oppure la dimensione artistica a quello all’elaborazione finale: sarebbe un laboratorio “monco” non funzionale, per certi versi inutile. il laboratorio infatti funziona proprio perché è così strutturato, perché prevede proprio quei momenti che in altre metodologie non ci sono.
Giulia Righini says:
Il laboratorio artistico è un ottimo metodo per introdurre i bambini all’arte: arte intesa come educazione a tutto tondo, come momento formativo per la vita. È una situazione strutturata per imparare a conoscersi e a conoscere chi e cosa ti circonda.
Tutte le dimensioni citate nell’articolo sono fondamentali per la riuscita del laboratorio ma credo che quella relazionale e quella interdisciplinare siano quelle a cui io darei più rilievo.
È importante secondo me incoraggiare i bambini a stare insieme e confrontarsi fra loro soprattutto perché credo che in una società interculturale come è la nostra il “cooperative learning” servirà non solo per la crescita del bambino ma anche per un buon inserimento nei vari livelli di scuola e, in futuro, nel mondo del lavoro. Credo, inoltre, nel “learning by doing”, nell’“imparare facendo”, ossia nella possibilità di aumentare le proprie abilità motorie, cognitive, sensoriali e relazionali praticando esercizi, giocando, dando libero sfogo alla fantasia e all’immaginazione,… sono le esperienze, gli apprendimenti e le nozioni legate a situazioni psico-affettive valide a lasciare in segno profondo nel bambino che diventa pian piano capace di diventare protagonista attivo della sua vita e di affrontare e risolvere i problemi gli si presentano.
L’utilizzare linguaggi non tradizionali permette inoltre una possibilità di crescita anche per bambini con disabilità che in questo modo potrebbero riuscire a trovare un proprio spazio per esprimersi, comunicare e apprendere.
Arianna Pasini says:
Come è scritto nell’introduzione, il laboratorio è un congegno talmente ricco e complesso di elementi che si intrecciano che non è semplice pensarlo nelle sue varie dimensioni. Esso non potrebbe esistere se una sola di queste venisse meno. Da un lato è necessario che abbia uno spazio e una struttura materiale adeguata, dall’altro che sia vissuto dall’organizzatore e dagli allievi. Il laboratorio tuttavia non è un luogo di ‘spiegazioni’ ma un ambiente di apprendimento stimolante, strutturato ma soprattutto che permette a ciascuno di sentirsi libero ed essere autonomo. L’insegnante non è un giudice pronto a dire se un ‘lavoro’ corrisponde o no alle richieste, anzi, esso dovrebbe essere disposto al confronto, al dialogo, e al raggiungere nuovi traguardi conoscitivi insieme. Se dovessi tuttavia focalizzare uno di questi diversi aspetti del laboratorio sceglierei IL METODO, perché credo sia la chiave d’accesso per suscitare l’attenzione dei vari partecipanti e motivare l’apprendimento. Ogni volta che ci si approccia a lavorare col laboratorio si possono usare metodi (che a sua volta sono legati ai diversi strumenti) differenti, quindi si può rendere varia e interessante un’attività, partire da punti diversi oppure prendere in considerazioni obiettivi differenti: in ogni caso si ha la possibilità di arrivare a tutti, di rendere stimolante il lavoro e anche dare il via ad un processo di riflessione personale. Personalmente quando partecipo ad una lezione, a un gruppo di lavoro mi piace ricevere consegne particolari, stimoli che altrove non troverei, la possibilità di partire dagli strumenti pratici, dall’osservazione oppure dal mio pensiero. Lo scorso anno ho partecipato ad un laboratorio di arte della nostra facoltà al museo Mam.BO di Bologna e mi sono piacevolmente resa conto che vi erano molti degli aspetti citati nel documento sopra e spiegati nel libro. Mi è piaciuto molto un lavoro sull’autoritratto: la consegna era quella di creare un piccolo libro di 5 pagine su noi stessi, ciascuna pagina da riempire rispettivamente con: un autoritratto a matita (in specifico con una certa espressione), una riproduzione di una famosa opera d’arte a scelta, del colore, un materiale e il calco con scotch e carboncino di una parte del nostro corpo. Il tutto finiva con un’esposizione del nostro lavoro motivando risultato e scelte. Naturalmente questa è solo una delle attività svolte e che seguiva questa specifica metodologia, ma mi ha coinvolto mentalmente, emotivamente e manualmente. La sensazione che si dovrebbe provare con l’uso del congegno laboratorio deve essere positiva e gratificante.
B. Belli says:
4° compito
Il laboratorio è un luogo di creatività e conoscenza, di sperimentazione diretta e guidata, di scoperta e autoapprendimento di temi astratti come anche l’arte. È uno spazio in cui vengono sperimentate le attività pratiche, creative e intellettuali. È una strategia di esplorazione e costruzione della conoscenza in modo attivo. Mi ha colpito come Munari parla di “ginnastica mentale” costruita sulla pratica del laboratorio, come luogo e metodo di trasmissione di tempi astratti come l’arte, in cui le opere stesse divengono strumento educativo di alto valore culturale. Il laboratorio è anche definito un’aula didattica di coinvolgimento attivo, dove il bambino è protagonista del suo percorso di apprendimento, viene coinvolto cognitivamente, emotivamente, e socialmente, oltre che nella pratica manuale. Sono state identificate le caratteristiche principali di questa prassi educativa, cioè del laboratorio artistico, così che abbia delle autentiche valenze pedagogiche.
Affinchè il laboratorio artistico raggiunga gli obbiettivi posti e per essere veramente una didattica efficace, e anche per non rischiare di diventare un luogo deputato allo spontaneismo, penso che un elemento fondamentale sia la PROGETTAZIONE stessa che sta a monte del fare laboratorio, cioè la organizzazione globale che tenga conto di tutti gli aspetti (metodologia, materiali, spazi e tempi, ecc…) caratteristici del laboratorio per riuscire ad attuarlo al meglio. Senza una progettazione fatta a priori, pensata con criteri specifici e dettagliata, con ragionamenti per tutte le decisioni, non penso che si riesca ad attuare un laboratorio professionale per l’insegnante né significativo per l’esperienza degli alunni. È importante saper pianificare bene tutte le dimensioni e calcolare bene il rapporto tra di esse. Ulteriormente, penso che sia importante anche una progettazione “B”, cioè una ramificazione secondaria sul progetto base, che tenga conto di variabili che durante gli incontri possono cambiare, e quindi pensare a priori difficoltà o problemi che possono insorgere, sempre a tutti i livelli, e progettare anche degli interventi appositi e sensati per i momenti che li richiedono. Per esempio, se ho pensato di usare dei materiali specifici, e durante gli incontri finiscono, o vedo che sono poco adatti o ci sono degli impresti altri, devo pensare come compensare questo problema quindi pianificare in anticipo dei materiali di sostituzione o extra. Un altro esempio: pianifico un’attività in gruppi di 5 bambini ma vedo che durante l’attuazione non si riesce a gestire i gruppi o forse non collaborano bene tra di loro, allora faccio riferimento alla pianificazione “B”, dove ho pensato di ridurre i gruppi a 2-3 bimbi invece di 5, per esempio. Vorrei sottolineare che questi cambiamenti possono essere decisi al momento; i problemi possono essere risolti durante l’iter, man mano che si prosegue, quando occorrono. La competenza efficace di un insegnante però penso derivi da tanta esperienza e all’inizio comunque bisogna pensarci, quindi pianificare alternative.
Un’altra dimensione che ritengo fondamentale nell’esperienza laboratoriale artistica e comunque in tutti i laboratori, è la dimensione RELAZIONALE. Essa deve far parte integrante dell’esperienza laboratoriale perché aiuta a costruire la conoscenza, le competenze, sia dei contenuti artistici sia della crescita personale e lo sviluppo sociale del bambino, che sono fondamentali nella sua crescita sotto tutti i profili. Il bambino deve essere al centro dell’esperienza, come purtroppo non lo è nelle lezioni tradizionali, e il bambino deve fare esperienza con altri coetanei, sia in coppie che in piccoli o grandi gruppi, come ancora nelle lezioni tradizionali non avviene. L’esperienza di collaborazione, cooperazione, comunicazione, competenze relazionali e di autonomia, decisionali, di rispetto reciproco e di empatia, sono solo alcuni degli aspetti fondamentali che si sviluppano con l’organizzazione della dimensione Relazionale nei laboratori. Durante i laboratori i bambini possono avere il privilegio della possibilità dei mettere in pratica queste esperienze per sviluppare queste competenze, che sono strettamente collegate alla costruzione collaborativa delle conoscenze dei contenuti.